BYOD e regolamentazioni


Screenshot 2014-04-18 23.57.30Ho cominciato a sentire parlare di BYOD diverso tempo fa senza capire se per l’azienda si stesse trattando di un pollo da spennare piuttosto che di una gatta da pelare.

Alcune società di software hanno pensato bene di optare per la prima ipotesi, realizzando software ad hoc, programmi di awareness o linee guida da implementare in appositi percorsi legati alla sicurezza nell’azienda.

In occasione della prima presentazione sul tema a cui abbia assistito personalmente la prima domanda che mi posi fu “ma perché un dipendente dovrebbe utilizzare il proprio smartphone per motivi di lavoro?”.

Cercando in giro ho trovato questo link:

http://thebizloft.com/byod-significato-guida-aziende/#.U1GaEC_vgT8

In pratica, uno studio sostiene che il dipendente opti per una soluzione tecnologica differente perché la dotazione aziendale non lo soddisfa.

Bizzarro a parer mio ma può starci.

Ciò che non mi torna, allora, è perché un dipendente debba sobbarcarsi di un costo come uno smartphone ed un contratto dati (si, è verò, adesso la connettività viene via quasi gratis) ma, soprattutto, perché dovrebbe anche lavorare gratis fuori dall’orario di lavoro?

Ho sempre pensato che se volessero, i sindacati potrebbero dirla lunga sul tema fino a chiuderlo per sempre o quasi.

In tutto ciò l’azienda, tacciata di essere sottodotata, si trova esposta ad un rischio enorme (in alcuni casi) con necessità di dotarsi di strumenti di gestione e contromisura, personale formato e quant’altro. Almeno non dovranno pagare il lavoro straordinario che l’insoddisfatto impiegato farà oltre l’orario consueto e senza che nessuno l’abbia approvato.

Ma se cado in casa mentre lavoro sul tablet cos’è, infortunio sul lavoro? L’azienda me lo riconoscerà?

Interessanti nell’articolo linkato poco più su, almeno un paio di frasi dalle quali apprendo che nelle PA è una prassi vietata mentre nel privato non è quasi mai regolamentata.

Mi chiedo il consulente presso la PA al quale viene dato un account di posta (nome.cognome@consulente.azienda.it), ad esempio, sotto quale caso rientri.

Forse sarebbe più facile partire dai percorsi intrapresi in Germania e Francia con il divieto d’utilizzo dell’email dopo l’orario lavorativo.

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