Leonardo e i pennelli digitali

Perché avere l’IA non basta per essere un maestro

Viviamo in un’epoca straordinaria.
Con pochi euro al mese si può accedere a strumenti di IA che, fino a un anno fa, sembravano fantascienza.

Sintesi chirurgiche, testi complessi, relazioni, disegni, immagini, grafica e addirittura video o musiche.

Eppure, mai come ora, vedo contenuti superficiali travestiti da professionalità.
Slide impeccabili, email perfette, testi “sensati”. Tuttavia, spesso vuoti, freddi (o semplicemente formattati a ChatGPT di cane!).

Perché? Perché chi li ha generati ha premuto un pulsante senza soffermarsi sul contesto.

I pennelli non bastano

Immagina di ricevere un set completo di tempere, pennelli, tela, colori.
Ti sentiresti in grado di dipingere La Gioconda?
Ovviamente no.

Allora perché pensiamo che qualcun altro (non noi, ovviamente), con un prompt qualsiasi e un po’ di copia-incolla possa diventare progettista, designer, avvocato o professionista?

Gli strumenti non sono il talento.
L’accesso non è competenza.
Il risultato credibile non è corretto.


IA come moltiplicatore… ma di cosa?

L’IA amplifica.
Se sei preciso, ti aiuta.
Se sei incerto, ti confonde.
Se sei frettoloso, ti illude.

Non sostituisce la mente: la mette a nudo.

Chi non ha metodo, si affida ciecamente.
Chi ha solo l’abbonamento, spesso si mostra per quello che è… o che non è.

I risultati che derivano da questo atteggiamento sono simili a chi si presenta in occasioni di circostanza, accompagnato da portatile, tablet (o sbirciando lo smartphone), da’ risposte “lurkate” in quel momento.
Si tratta di una forma di conoscenza in grado di sopravvivere poco. Qualcosa di simile alle “bugie che hanno le gambe corte”.


L’illusione del “basta poco”

C’è un messaggio pericoloso che sta circolando:
“Basta imparare a scrivere prompt e diventi esperto.”

Ecco perché questa puntata è dedicata a chi crede che basti sapere “come chiedere”.
Perché il vero problema non è solo la domanda.
È la capacità di valutare la risposta.
Di inserirla in un contesto.
Di adattarla.
Di… riscriverla.


Il rischio più grande

Il rischio più grande non è “non sapere usare l’IA”.

È pensare di essere diventati competenti solo perché la usiamo.

Ed è un rischio che esplode al primo confronto reale:

  • un cliente che fa domande specifiche,
  • un responsabile che pretende una spiegazione argomentata
  • un collega che smonta una frase scritta bene ma concettualmente fuori luogo.

Cosa ci serve, allora?

  • serve sapere perché una risposta è giusta;
  • serve saperla migliorare;
  • serve saperla tradurre in azione concreta.

E questo lo ottieni solo con studio, esercizio, confronto. Il tutto, applicato ciclicamente.

L’IA è un assistente. Ma tu sei il professionista, lo specialista, l’esperto.
E se non lo sei… lei non lo diventerà al posto tuo.

Personalmente parlando, l’introduzione dell’IA nella mia vita ha comportato un aumento di attività. Non parlo di competenze acquisite partendo da zero ma da approfondimenti su materie già note.

Parlo della struttura che mi ha suggerito e con la quale mi ha aiutato nei contesti in cui ero più sguarnito.

L’incremento è stato enorme. La crescita, consistente.

Dovrei dire che parte della mia professionalità proviene in realtà dall’IA? Certo, così come dovremmo dire che proviene anche dalla nostra formazione scolastica, piuttosto che dalle esperienze di vita.

Il primo passo è stato smettere di “chiedere di fare” iniziando a “chiedere come fare”. Poi si verifica, si approfondisce, si chiarisce, si apprende e si procede.

Davide Giordano

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